Apre Røst, il nuovo ristorante che porta sulla scena milanese un concetto di cucina circolare, semplice e vera, con la riscoperta dei tagli poveri e una selezione di vini naturali di nicchia.
Massima attenzione alla materia prima e utilizzo degli ingredienti nella loro totalità caratterizzano la proposta gastronomica di una carta che ha due focus principali:
- i vegetali, dove la verdura di stagione è regina del piatto;
- i tagli poveri, dalle cervella al fegato, dalla lingua al diaframma, dal baccalà allo sgombro.
Piatti della tradizione con gusti decisi, realizzati con delicatezza, pensati per tutti. Al numero 3 di Via Melzo, che sempre di più si distingue come la nuova food street del distretto di Porta Venezia.
Il Team
Røst è un progetto che si poggia sulla passione, energia e competenza di tre giovani che totalizzano 92 anni in tre: Hippolyte Vautrin, imprenditore del settore food già noto per il ristorante Kanpai; Enrico Murru, a cui è affidata la guida operativa, in sala così come nella definizione del peculiare mix tra cantina e cambusa; la cuoca Lucia Gaspari, con la sua peculiare visione di cucina sostenibile, consapevole dei territori e delle persone.
Concept e filosofia
Røst è la storia di un viaggio e di una scoperta.
Viaggio nel gusto e nei territori di produzione, per scoprire le storie di chi si dedica con passione a coltivare, allevare e produrre cibi, rispettando i tempi della natura.
Sono tre i pilastri di questa storia:
1. Cucina del Nord Italia, fondata su prodotti della tradizione. Un approccio alla materia senza intellettualismi, per una cucina autentica, non leziosa, libera da atteggiamenti culinari di maniera.
2. Una ricerca profonda nei territori locali per trovare le eccellenze della terra e del mare: un prodotto etico che esalta il lavoro di coltivatori, allevatori, trasformatori. In un rapporto diretto che evita gli intermediari.
3. Una carta dei vini e una dei vignaioli. Il vino è il grande protagonista di Røst, che vanta una carta di oltre 170 etichette e 12 vignaioli di cui è disponibile tutta la produzione. I vini sono tutti prodotti artigianalmente e provenienti da agricoltura biologica, biodinamica, naturale. In una parola, autentici: rispettosi della terra, del frutto e dell'uomo. 60% italiani, 40% francesi e pochi eletti selezionati da altri paesi.
Carta e formule
Il menù è composto principalmente da verdura e carne, con una presenza di pesce e carboidrati a fare da complemento.
La carta abolisce le categorie di ordine (antipasti, primi, secondi, contorni), prediligendo un racconto orizzontale tra piatti da condividere liberamente. Famiglie di pietanze proposte in piccoli piatti che possono popolare la tavola in ordine libero per favorire l’assaggio e la convivialità.
Protagonisti sono i cosiddetti “tagli poveri”: tagli dimenticati, non di moda, che portano in primo piano il tema della riscoperta.
La carta cambia in relazione alla disponibilità di materie prime, aggiornandosi anche giorno per giorno per valorizzare le pietanze disponibili ed evitare gli sprechi di materie. Una successione numerica caratterizza ogni menù a testimonianza della freschezza di ogni selezione.
Il servizio è curato, ma non formale. Il mood generale è il fatto bene non posato, non teatrale. Aperto 5 giorni su 7 a pranzo, 6 su 7 a cena. Chiuso la domenica e lunedì a pranzo.
Produttori e tradizione
Røst è un luogo nel quale il lavoro di produttori che creano prodotti di eccezionale qualità viene sublimato in una cucina che ne rispetta le caratteristiche, con piatti che sanno esaltare le qualità essenziali dei cibi senza intellettualismi: trasmettendo i sapori primari.
Røst collabora e sostiene una rete di artigiani del cibo e del vino, consegnando la purezza del loro gesto, l’essenza del loro impegno e portandoli al pubblico in modo autentico.
Le verdure spesso sono scelte 48 ore prima di entrare in cucina, assecondando il ritmo della stagione. Il fornitore informa per dire cosa gli ha offerto la terra e la cucina lo elabora in modo istantaneo.
La tradizione di Røst non è nostalgica, non passatista, non testimonia un mondo andato, ma piuttosto ricuce il rapporto tra memoria e sapore, portando nel piatto esperienze puramente contemporanee perché frutto dell’intelligenza di questo tempo.
È un ritorno a ciò che ci appartiene: un prodotto semplice, cucinato bene, rispettato, senza artifici o colpi di teatro: Verità, Sostanza, Presenza, Intensità.
Il progetto di interior design
Røst è un progetto di Vudafieri-Saverino Partners, studio di architettura – con sede a Milano e Shanghai – dalla consolidata esperienza nella definizione di concept di design per la ristorazione (alcuni esempi nella sola Milano: Spica, Il Luogo di Aimo e Nadia, Peck CityLife, Ristorante Berton, i due Dry…).
Il ristorante, sviluppato su 65 metri quadrati, è stato pensato come un luogo raccolto e intimo, tra tradizione e modernità. Lo spazio si compone di due ambienti: la sala principale che gravita attorno al banco bar, e una di dimensioni più piccole che si affaccia sulla cucina, pensata per vivere l’intimità del rapporto con il cibo a vista di chi lo prepara.
La parete d’ingresso mette in scena i protagonisti, è il Wall of fame: 16 piatti in ceramica, ognuno dedicato e raffigurante un produttore/fornitore delle materie prime di cui si fornisce la cucina e la cantina, disposti graficamente nello spazio a disegnare la ø di Røst.
Vudafieri-Saverino Partners ha tradotto in soluzioni di spazio, colori e superfici quelli che sono i valori e il Dna del brand. Il risultato è uno spazio semplice, senza finzioni o artifici. Con un uso attento e limitato della materia, ridotta a poche tipologie di base, quasi fossero gli ingredienti di una ricetta in menù.
I toni sono caldi, dominati dal colore rosso “Marsala”, che rimanda al rapporto fondamentale con il vino e la terra. Le pareti – affrescate a calce - presentano due tonalità, la più scura delle quali va a creare una sorta di boiserie irregolare che costituisce una linea d’orizzonte tra verticale e orizzontale, abbracciando lo spazio. Gli stessi colori sono ripresi dal rivestimento in ceramica che caratterizza la cucina e la saletta appena adiacente.
Il tema dell’arredo è caratterizzato dalla milanesità. Materiali nobili come marmo e ottone, velluto e pelle caratterizzano senza sfarzo l’ambiente e giocano un contrasto con le pareti in calce e il pavimento originale. Il banco bar si caratterizza per il lungo top in rovere massello e il rivestimento verticale composto da profili di ottone naturale a sezione diversa. Sopra il banco galleggia una grande bottigliera sospesa, in ottone e vetro.
Legno e ottone sono materie in divenire, che mutano in relazione all’uso e al passare del tempo, in un percorso costante che ben rappresenta i valori di Røst.
Il locale si trova ai piedi di un edificio della vecchia Milano - affacciandosi su via Melzo con due vetrine - in uno spazio appartenuto per anni a un negozio di ricambi d’auto. Il valore delle preesistenze è testimoniato dalla scelta di conservare il pavimento originale, un seminato in tozzetti di porfido. La continuità con il passato e il rapporto con le memorie sono un tema spesso indagato da Vudafieri-Saverino Partners che trova in questo caso espressione nel lampadario realizzato assemblando nel diffusore fanali di vetture di diverse epoche - omaggio di Tiziano Vudafieri al mondo dell’auto.
Luminoso e intimo al contempo, ha già il sapore di un luogo vissuto: come se da sempre fosse parte del paesaggio di quartiere.
Røst si racconta anche grazie alla grafica originale e distintiva, ideata e sviluppata dall’agenzia creativa 150UP. Un’identità visiva che rielabora gli elementi della tradizione culinaria e i volti dei produttori che sono alla base della cultura gastronomica di Røst.
Terrazzo di Roberto Coda Zabetta
Alle spalle del banco bar, nella parete cieca nascosta alla vista del pubblico, si nasconde un’opera dell’artista Roberto Coda Zabetta – Terrazzo - che si riflette in un gioco di specchi dagli infiniti rimandi. Una “tenda di colori” che costituisce un adattamento architettonico e cita altri lavori dell’artista portando con sé i segni di altri luoghi e significati.
Nelle parole di Zabetta “Un lavoro dentro ad un lavoro. Mi piace pensare, che il grande dipinto realizzato per Napoli, possa avere altre vite. Taglia,cuci e via...”
La pittura, nata dal confronto con la vastità di Napoli, si offre nel piccolo spazio di Røst a una lettura più intima, ma altrettanto intensa. L’esplosione di colori accesi ispirati dall’energia del capoluogo partenopeo si ritrovano e si amplificano come possibili visioni di mondi o di particelle di mondi non visibili.
Per Roberto Coda Zabetta la pittura è uno stato mentale e una necessità fisica in cui il rapporto con i materiali è primario. La sperimentazione delle caratteristiche tecniche dei materiali e la loro trasformazione sono alla base della sua ricerca. Nelle sue tele i colori vengono stesi e lavorati con pennelli, spatole e aria compressa. Il lavoro procede per sottili stratificazioni di colori e aria plasmati dalla precisione del gesto e dalla profonda conoscenza della materia creativa. La tecnica di sottrazione con l’aria è sempre utilizzata con estremo controllo e spinta all’estrema forzatura.
Il Nome: Røst
Pietro Querini fu un patrizio veneziano della potente famiglia Querini, signore nell'isola di Candia (Creta) di feudi famosi per la produzione del vino Malvasia, che egli commerciava. Il 25 aprile 1431 Querini salpò da Candia verso le Fiandre a bordo della caracca Querina con un carico di Malvasia, spezie e altre mercanzie di valore, pari a circa 500 tonnellate. L'equipaggio era composto da sessantotto uomini.
Il 14 settembre, superato Capo Finisterre, vennero sorpresi da ripetute tempeste: si ruppe il timone e la nave andò alla deriva per mesi, trasportata dalla Corrente del Golfo. Querini e 16 marinai superstiti toccarono finalmente terra il 14 gennaio 1432 nell'isola deserta di Sandøy, nell'arcipelago norvegese delle Lofoten.
Sopravvissero per undici giorni sulla costa, fino a quando non furono avvistati dai pescatori della vicina isola di Røst, che andarono in loro soccorso, ospitandoli nelle loro case per circa quattro mesi. Durante questo periodo Querini ebbe modo di scoprire i metodi di essicazione, conservazione e preparazione del merluzzo.
Il 15 maggio del 1432 Pietro Querini ripartì alla volta di Venezia, dove importò l’idea dello stoccafisso, più comunemente chiamato baccalà, che riscosse subito grande consenso tra i veneziani. Gustoso, leggero e soprattutto a lunga conservazione, divenne un piatto classico, preparato con ricette che si tramandano da generazioni.
Gli abitanti delle Lofoten da allora hanno nutrito una grande riconoscenza verso Pietro Querini, tanto da erigere 500 anni dopo un cippo in suo onore nell’isola di Røst; inoltre un’isola delle Lofoten è stata chiamata Sandrigøya, cioè isola di Sandrigo, in omaggio alla cittadina in provincia di Vicenza dove si tiene annualmente la sagra del baccalà. Per converso, a Sandrigo una piazza è stata dedicata a Røst.