“Threshold and Treasure” è un progetto che mette in discussione il ruolo della soglia e del tesoro nel mondo dell’arte, dell’architettura e, nello specifico, delle gallerie quali spazi per esporre.
Si tratta di un’incredibile occasione per generare un dispositivo, volendo citare il filosofo e scrittore Giorgio Agamben, in grado di scardinare il difficile processo di avvicinamento all’arte, caratterizzata da una soglia spesso percepita quale invalicabile dalle masse. Un distacco tale, anche se prevalentemente mentale, che mette le persone in soggezione dinnanzi all’idea di un mondo così profondo e radicato da apparire inaccessibile ai più, a chi non si occupa quotidianamente di cultura, a chi non si sente sufficientemente “studiato” per poter accedere ad un tale livello di bellezza ed intensità di significato.


“Threshold and Treasure” vuole peraltro essere un omaggio al lavoro di MatsBergquist. È proprio nello spazio della soglia che si dispiega il significato dell’intero progetto: l’ingresso diviene dunque al tempo stesso opera e dispositivo urbano. È volume: lo si può accarezzare nel suo andamento concavo, lo si può vivere e percepire nello spessore, approfittando della seduta ricavata al suo interno, in un’inquadratura che ricorda le raffigurazioni di Edward Hopper. E ancora, lo si deve altresì attraversare per raggiungere il primo giardino “segreto” ed entrare in una dimensione altra, lasciandosi alle spalle il caos del contesto urbano circostante: una quiete necessaria e onirica appositamente ricercata per accogliere l’arte.


Il percorso è disegnato appositamente per condurre gentilmente il visitatore all’interno dello spazio espositivo a partire dal punto più lontano: lo spazio si disvela gradualmente, secondo una sequenza serrata di attraversamenti, soglia dopo soglia. L’itinerario raggiunge così la “soglia nera”, uno spazio definito dall’addizione novecentesca di un telaio in cemento armato, la cui presenza è oggi sottolineata dalla verniciatura di colore nero assoluto. Un accorgimento, che lavora sulla percezione visiva del fruitore, rende l’occhio attento alle stratificazioni e allo stesso tempo lo quieta con uno sfondo adatto ad assaporare le opere in un inevitabile dialogo con la fabbrica esistente. Proprio nel paramento murario lasciato a vista si coglie la presenza di una terza soglia: la memoria di ciò che è stato una tipografia e ancor prima un fienile conduce appunto alla scoperto di una spazialità ancora diversa, autentica poiché liberata dalle superfetazioni del tempo. Qui, sullo sfondo, trova collocazione un discreto volume dalle superfici in calcestruzzo a vista che racchiude i servizi igienici e cattura la luce grazie allo stacco mantenuto rispetto al solaio ligneo. Lo sviluppo longitudinale della grande sala si apre interamente rivelando un ulteriore momento di soglia: una gabbia di ferro e vetro che dilata lo spazio scoprendo la corte interna, quale fosse un tesoro. Si tratta di una vera e propria sorpresa, che richiama le sensazioni di un raccolto giardino giapponese, qui costellato di sculture di Mattia Bosco, e costituisce un punto di osservazione privilegiato, ma anche un momento di sosta e di riposo.


Ritornando al volume vetrato di ingresso si intravede una scala che conduce ad un livello superiore. Questa presenza rivela un’importante operazione progettuale che ha permesso all’edificio liberty -ora residenza temporanea dedicata agli artisti- di “liberarsi” dal contatto diretto con l’addizione novecentesca e dunque essere, in quella specifica posizione, elemento chiave nella ri-organizzazione della sintassi delle stratificazioni presenti per rileggere in modo chiaro i passaggi del tempo. La separazione degli elementi (la palazzina ed il capannone) si è configurata come uno strappo necessario: la parete, non rifinita in nessun modo, trasmette la forza di questo distacco, poi mitigato dalla connessione stabilita dalla nuova rampa. La scala con la trave parete in cemento armato costituiscono così un ulteriore dispositivo, una soglia tridimensionale, che porta ad un altro tesoro, il giardino. Questo spazio verde si rivela una sorta di “panopticon” dal quale, tra gli alberi, è possibile scorgere lo spaccato del centro storico Veneto costituito da una miscellanea di stili e colori che, pur nella loro discutibile complessità, costituiscono un arazzo contemporaneo. Si tratta di una scenografia che costituisce una sorta di opera d’arte spontanea, definitasi con l’avvicendarsi di architetture senza architetti (per citare Bernard Rudofsky) che contribuisce alla memoria e alla tradizione del luogo e, per questo, deve essere riletta con orgoglio.


Un’ultima soglia si varca, infine, per entrare nell’atelier: una grande porta scorrevole in acciaio naturale annuncia un ulteriore infisso pivotante che dà finalmente accesso ad uno spazio candido. Il volume di cemento armato lasciato a vista sul lato esterno è caratterizzato all’interno da continue superfici bianche, che si stagliano su un pavimento di elementi in legno recuperato da un asilo del Borneo e arricchito da incisioni che riportano al domestico la dimensione dell’intero edificio. La copertura, nella geometria e nei materiali, con un denunciato esiguo spessore, coniuga i caratteri dell’architettura rurale tradizionale veneta con le peculiarità degli edifici di natura produttiva (che insieme al ferro e legno è l’unico materiale dichiarato contemporaneo).Ha così origine un luogo dedicato agli artisti della collezione permanente, un luogo che di fatto incarna la poetica della curatrice Elena dal Molin, mecenate contemporaneo che fa dell’esperienza, della condivisione e della ricerca dell’estetica i fondamenti della propria attività: committente perfetto per l’architetto.


Dall’interno, ancora una volta, si coglie l’attenzione per una costante connessione con il paesaggio, attuata grazie ad un’importante apertura di dieci metri di sviluppo, definita da infissi scorrevoli. L’arte si proietta dunque verso l’esterno. E qui il tempo si ferma.
Nel ripercorrere l’itinerario a ritroso, il panopticon ti cattura e, in una rivoluzione di 360°, si scorge l’imponente canale di gronda – di concezione e costruzione completamente artigianale – che recupera l’acqua e la conduce verso il giardino senza disperderla.Nuovamente al piano terra, si ritrova infine il giardino con il suo tortuoso percorso: anche l’uscita rappresenta una scoperta. Solo a questo punto, si colgono ulteriori dettagli, come la panca che invita a soffermarsi sull’esperienza condotta e discuterne, ancora per qualche minuto, prima di riavvicinarsi al dispositivo per eccellenza, “Threshold and Treasure”, ed uscire da questa particolare dimensione atavica che il progetto ha messo in scena grazie alla collaborazione tra arte, memoria e luogo.
Attraverso la soglia, si disvela uno spazio, laddove una moltitudine di forze, dettate dall’immaginazione, dalle emozioni e dalla materia esperita in libertà, si addensano in un fatto di cultura preservata che si proietta verso un’unica possibile misura temporale, l’infinito.


Squadra:
Architect: AMAA - Collaborative Architecture Office For Research And Development - Arch. Marcello Galiotto PhD, Arch. Alessandra Rampazzo PhD
Project architects - Partner in Charge: Arch. Marcello Galiotto PhD
Project management: Arch. Mario Azzarello
Design team: Arch. Marcello Galiotto PhD, Arch. Alessandra Rampazzo PhD, Arch. Mario Azzarello
Models: Arch. Simone Agosta del Forte, Arch. Nilo Forcellini, Arch. Francesco Baggio, Leonardo Tagliente
Models pictures: Elena Pellizzer
Pictures (realized project): Simone Bossi
Structural engineering: Ing. Claudio Lorenzetto
Fire: Sinergo spa
Electrical engineering: Aig / Elettroimpianti
Mechanical engineering: Ing. Stefano Faggion
Site supervision:
AMAA
Collaborative Architecture Office
For Research And Development
Arch. Marcello Galiotto PhD
Arch. Alessandra Rampazzo PhD
Arch. Mario Azzarello
Lighting design: Viabizzuno
Acoustics: Perito ind. Luca Dal Cengio
Landscape design: Angelo Renna
Contractor: Il Grifo S.r.l.
Client: Atipografia (Elena Dal Molin)


Materiale utilizzato:
1. Steel details: Officine Bernardini S.r.l.
2. Curtains: Tecnotenda
3. Atelier window fixtures: WOLF Fenster AG S.p.A.
4. Exhibition space window fixtures: Santuliana Design
5. Atelier pivot door: Fiorotto Design
6. Front gate: Luigi Savoiani
7. Custom-made furniture: Faccin S.r.l.
8. Mechanical installations: Sit
9. Electrical system: Elettrogamma / Jung.de
10. Green areas: Daku / Dall’Ava


