OLIVOMARE fa parte del brand londinese “Olivo”, divenuto da tempo un’importante presenza nell’aristocratica Belgravia, ed è un ristorante che propone la cucina del mare. Oltre che dal suo nome, questa peculiarità è evidenziata ed enfatizzata dal linguaggio formale e decorativo adottato in fase di progettazione per definirne la fisionomia attraverso l’uso di riferimenti più o meno palesi al mondo ed all’ambiente marino.
Il più esplicito fra questi è certamente la grande parete che caratterizza la sala da pranzo principale, totalmente rivestita da un enorme pannello ispirato alle opere del visionario artista Maurits Escher, in cui ogni singola porzione di colore è ritagliata al laser da fogli di laminato plastico e poi giustapposta sulla superficie verticale come in un vero e proprio gigantesco puzzle. A farle da contrappunto, nella stessa sala, da una scanalatura ricavata lungo l’asse centrale del soffitto scende una sequenza lineare di “tentacoli” tubolari luminescenti realizzati in sottilissima rete di nylon animata (sono le lampade ‘Bigoli’, prodotte dalla londinese Innermost), evocanti la presenza di un banco di anemoni di mare o di vaganti meduse, mentre si può ravvisare un vago riferimento alle maglie delle reti da pesca nella grande vetrata a losanghe che separa quest’ambiente dal corridoio d’ingresso. Come spesso accade nei locali commerciali, in Inghilterra, la porta di accesso dalla strada, infatti, non immette direttamente nel ristorante, ma da adito ad un disimpegno che consente sia d’inoltrarsi ai piani superiori (dove, in questo caso, si trovano pertinenze della stessa azienda), sia di accedere alla sala da pranzo. Per far sì che questa apparisse più ampia, la parete divisoria esistente fra essa ed il citato disimpegno è stata abbattuta e sostituita da una vetrata a tutt’altezza sostenuta da un’esile intelaiatura lignea (peraltro a perfetta tenuta di fuoco e di fumo), che consente di ottenere la massima integrazione visiva fra i due spazi. Gli accessi al ristorante ed ai piani superiori sono definiti da una pannellatura scomposta in elementi fissi e mobili che integra in se le relative porte e riprende le cromie della parete decorata che domina la sala principale.
Altri elementi caratterizzanti di quest’ultima (oltre ai tavoli “Dizzie” della italiana Arper ed alle sedie “Lagò” disegnate da Ph.Stark per Driade) sono la seduta continua sospesa su staffe di acciaio inox che lasciano il pavimento completamente libero da qualunque appoggio, ed il banco del bar (entrambi realizzati su disegno), interamente rivestito in candido Corian, sul cui fianco si aprono i fori che accolgono la scorta delle posate necessarie per il servizio. Ad illuminare le superfici di lavoro di quest’ultimo è la sospensione “Talo” prodotta da Artemide.
A lato della zona bar si trova l’imboccatura della scala che conduce alla cucina, situata – come di norma in Inghilterra – nel “basement” dell’edificio. In alcune nicchie ricavate nelle murature di quest’area sono alloggiati I mobili per i camerieri, che contengono il necessario per il disbrigo del servizio.
Il pavimento di tutto il locale è costituito da un semplice getto di resina bianca opaca, mentre il battiscopa – laddove il pavimento non è raccordato in curva con le superfici verticali - è ricavato ad incasso nel muro, installando un profilo ad ‘L’ di alluminio lungo tutte le pareti e le rampe di scale.
Nella saletta da pranzo disposta sul retro, inondata di luce naturale che filtra copiosamente da un ampio lucernario aperto alla bisogna nel soffitto, il rivestimento dell’unica parete continua – che comprende in sé un morbido raccordo in curva – è caratterizzato da un rilievo ondiforme che vuol riportare alla mente la superficie sabbiosa della spiaggia modellata dal vento (questa superficie è stata rifinita con la pittura ad effetto vellutato “Velvet”, prodotta dalla GA.NI.Color). Ad esaltarne l’effetto plastico una linea di luce continua è stata incassata nel recesso perimetrale del soffitto.
Su una delle pareti piane di quest’ambiente si apre una porta a filo muro (prodotta da Portarredo) dando adito all’atrio del guardaroba e delle toilettes, dove l’intrico dei rami di un rosso banco corallino - ottenuto con l’incisione del rivestimento di un doppio strato di laminato plastico a spessore applicato alle pareti ed al soffitto (bassissimo) – avvolge interamente il visitatore proveniente dal luminoso ed aperto ambiente adiacente e, combinandosi con le porte “invisibili” d’accesso alle toilettes stesse, aggiunge alla sorpresa un momentaneo senso di disorientamento.
All’interno delle toilettes un grande pannello a specchio discosto dalla parete sormonta i lavabi in Corian “Slot” (di Antonio Lupi) e la rubinetteria Axor “Uno2”(di Hansgrohe), dissimulando i dispensers per il sapone e gli asciugamani elettrici.
Ad esaltare ed unire ciascuno di questi elementi si è fatto uso di un mare di bianco che inonda tutte le componenti circostanti, dalle pareti ai soffitti, dal pavimento in resina al banco bar in Corian, ponendosi come fondale neutro indifferenziato che disattende intenzionalmente la facile e scontata aspettativa dell’uso del blu.
La facciata su strada è stata ridisegnata per armonizzare con quella esistente del locale accanto – dove trova spazio il delikatessen “Olivino”, annesso al ristorante – e le si è dato un intenso colore violaceo che le permette di dialogare vuoi con la grigia pietra serena della pavimentazione del dehors, vuoi con la palette di colori della decorazione interna.